giovedì 14 marzo 2013

Jefferson Davis e Pio IX

di Damiano Mondini

Pubblichiamo volentieri il carteggio, datato 1863, intercorso fra il Presidente degli Stati Confederati Jefferson Davis e Pio IX, l’ultimo Papa re. Durante la guerra civile americana, la simpatia dello Stato pontificio per la causa del Sud fu solo ufficialmente velata, mentre sul piano privato si giunse a sfiorare un sostanziale riconoscimento della Confederazione. Nell'epistola qui riportata, il Pontefice si rivolge al suo interlocutore reiterando l'appellativo "Presidente", considerandolo dunque a pieno titolo nella veste di Capo di uno Stato indipendente da Washington e sovrano. Pio IX, come riconobbe il Generale sudista Robert E. Lee, fu l’unico sovrano europeo ad appoggiare – idealmente ma con convinzione – la causa confederata, a fronte dell’atteggiamento ondivago di Francia e Gran Bretagna e dei dichiarati sentimenti unionisti della Russia zarista e dell’Internazionale socialista presieduta da Marx - un'insolita accoppiata, quest'ultima, che dovrebbe muovere a qualche riflessione.
Le riviste più vicine al Pontefice, la Civiltà Cattolica dei gesuiti e l’Osservatore romano, denunciarono ripetutamente il carattere propagandistico e pretestuoso dell’emancipazione degli schiavi: il Proclama del 1862 non era che un gesto infame del Presidente Lincoln atto ad isolare la Confederazione a livello internazionale e a dare al conflitto l’aura della crociata liberatrice e democratica, mistificandone così l’autentico carattere di guerra di aggressione yankee imperniata su velleità centraliste e protezioniste. Molti fattori giocarono a favore della vicinanza pontificia alla "ribellione" sudista: la cultura conservatrice e anti-rivoluzionaria del Sud, contraltare di quel progressismo nordista che ai cattolici romani non poteva non ricordare la Rivoluzione europea del 1848 e la terribile esperienza della Repubblica romana; la presenza di molti cattolici nelle armate confederate – si pensi solo ai noti generali Pierre Beauregard e  James Longstreet; la convinzione, espressa da diversi esponenti del cattolicesimo sudista, che la secessione non solo non fosse un atto illegale, ma che anzi si ponesse in perfetta sintonia con la morale cattolica, soprattutto a fronte delle scelte economico-sociali del Nord, difficilmente compatibili con essa; il favore del Sud fu propiziato altresì dalla reazione all’appoggio nordista all’azione sabauda unitarista in Italia, e all’utilizzo propagandistico dell’Unione della figura di Garibaldi e di altri anticlericali; l’atteggiamento filo-confederato fu certamente influenzato da quello filo-unionista del Regno d’Italia e di Casa Savoia, ma Roma si trovava costretta alla prudenza a fronte della copiosa presenza cattolica in diversi Stati dell’Unione. La figura del Presidente confederato Jefferson Davis riveste un ruolo non marginale: egli, benché protestante, aveva in gioventù frequentato scuole cattoliche, manifestando il desiderio di convertirsi; rimase per tutta la vita profondamente affascinato dal cattolicesimo e molto vicino alle sua istanze. Questa spiega in primo luogo il tono affettuoso del carteggio con Pio IX; chiarisce altresì un evento successivo intriso di un forte valore simbolico. A guerra conclusa, Davis venne imprigionato dai nordisti  e sottoposto ad un processo-farsa in cui fu ingiustamente accusato – ma venne poi prosciolto – di essere il mandante dell’assassinio di Lincoln; durante la prigionia – che fu durissima e disumana – ricevette in dono da Pio IX una sua effige e una corona di fiori accompagnate da una citazione del Vangelo di Matteo, 11, 28: Venite ad me omnes qui laboratis, et ego reficiam vos, dicit Dominus (Venite a me, voi tutti che siete affaticati e stanchi, e io vi darò sollievo, dice il Signore). E’ probabile che il “Papa della Croce” rivedesse nelle peripezie sudiste una riproposizione del proprio dramma, iniziato nel 1848 con la fuga da Roma nei travagliati mesi della Repubblica romana e perdurato negli anni dell’unificazione italiana e delle guerre d’Indipendenza; una tragedia che culminerà il 20 settembre 1870 con la breccia di Porta Pia, la fine del potere temporale e l’occupazione italiana dei territori pontifici. Da una parte stanno gli aggressori, gli usurpatori, espressione della modernità e dell’anticlericalismo, gli yankee del New England e le truppe sabaude; dall’altro gli sconfitti, gli usurpati, eredi di un mondo destinato ad eclissarsi, i rebels della terra di Dixie e gli ultimi difensori del Vicario di Cristo in Terra. La lettura di queste epistole è dunque di fondamentale importanza per comprendere uno snodo fondamentale non solo della storia italiana e americana, ma dello stesso mondo contemporaneo.
LETTERA DI JEFFERSON DAVIS AL PAPA

Richmond, 23 Settembre 1863
Molto venerabile sovrano Pontefice,
mi sono state mostrate le lettere che avete scritto al clero di New Orleans e di New York, e ho letto con emozione il profondo dolore che vi è espresso per la rovina e la devastazione causate dalla guerra intrapresa  dagli Stati Uniti contro gli Stati e il popolo che mi hanno scelto come loro Presidente, e i vostri ordini al clero di esortare il popolo alla pace e alla carità. Sono profondamente sensibile alla carità cristiana che vi ha spinto a questo ripetuto appello al clero. E’ per questa ragione che ritengo mio dovere esprimere personalmente e  in nome degli Stati Confederati la nostra gratitudine per tali espressioni di buoni sentimenti e di amore cristiano, e assicurare Vostra Santità che il popolo, schiacciato anche nel cuore dalla più crudele oppressione e da terribili massacri, è ora desideroso, come sempre lo è stato, di vedere la fine di quest’empio conflitto; che noi eleviamo sempre preghiere al Cielo per lo stesso desiderio che Vostra Santità ora esprime; che non ambiamo a nessun possesso del nostro nemico, ma che combattiamo solo per resistere alla devastazione del nostro paese e allo spargimento nel nostro miglior sangue, e per forzarli  a lasciarci vivere in pace sotto la protezione delle nostre istituzioni e delle nostre leggi, che non solo assicurano a tutti il godimento dei diritti temporali, ma altresì il libero esercizio della religione. Prego Vostra Santità di accettare, da parte mia e del popolo degli Stati Confederati, i nostri sinceri ringraziamenti per i vostri sforzi in favore della pace. Possa il Signore preservare i giorni di Vostra Santità, e tenervi sotto la Sua divina protezione.
Jefferson Davis

RISPOSTA DEL PAPA

Illustre e onorevole Presidente, salute;
Abbiamo appena ricevuto con grande affetto le persone che avete mandato a consegnarci la vostra lettera, datata lo scorso 23 settembre. Non poco è stato il piacere che abbiamo provato nell’apprendere, da quelle persone e dalla lettera, da quali sentimenti di gioia e gratitudine siete stato animato, illustre e onorevole Presidente, appena informato delle nostre lettere ai nostri venerabili fratelli John, Arcivescovo di New York, e John, Arcivescovo di New Orleans, datate il 18 ottobre dello scorso anno, nelle quali con tutta la Nostra forza abbiamo spinto ed esortato quei venerabili fratelli a perseguire, nella loro pietà e sollecitudine vescovile, con il più ardente zelo, e nel nostro nome, l’obiettivo di porre fine alla fatale guerra civile che è scoppiata in quei paesi, in modo che il popolo americano possa ottenere pace e conforto, e convivere caritatevolmente. E’ particolarmente piacevole per noi vedere che voi, illustre e onorevole Presidente, e il vostro popolo, siate animati dagli stessi desideri di pace e tranquillità che abbiamo inculcato nelle nostre lettere ai nostri venerabili fratelli. Possa allo stesso tempo piacere a Dio di fare seriamente riflettere gli altri popoli d’America e i loro governanti su quanto terribile sia la guerra civile, e quali calamità essa porti, farli ascoltare le aspirazioni di un animo più sereno, e adottare con risolutezza il cammino della pace. Da parte nostra, noi non cesseremo di offrire le più ferventi preghiere a Dio Altissimo, perché Egli possa irrorare su tutti i popoli d’America lo spirito di pace e carità, e perché Egli possa mettere fine ai grandi mali che li affliggono. Noi, nel contempo, imploriamo il Dio della pietà di beneficiarvi della luce della Sua grazia, e riunirci a noi in una perfetta amicizia.

Data in Roma, a San Pietro, il 3 dicembre 1863, 18° anno del nostro Pontificato.
Pio IX


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